La Pieve di Corticelle rappresenta un angolo di contemplazione nel verde della campagna, in prossimità dei boschetti che seguono il corso del Mella. L’ideale sarebbe raggiungerla con la comoda e panoramica pista ciclabile che da Brescia scende fino a Cremona, snodandosi lungo l’alveo del fiume.
Anche se un intervento degli anni 1900 ha rovesciato l’originario orientamento dell’edificio, eliminando l’abside romanica e trasformando l’antico ingresso nell’attuale presbiterio, le tre raccolte e semplici navate, scandite da colonne in mattoni con capitello a scudo che sostengono archi leggermente acuti, conservano la poesia ed il raccoglimento delle pievi rurali del Medioevo.
Del resto, anche lo stravolgimento del XIX secolo ha seguito le linee tipiche dell’architettura padana del XV secolo ed ha riproposto una facciata a capanna, divisa in tre campiture da lesene in mattoni, con pinnacoli solidi e robusto cornicione in cotto, e mossa da tre occhi di diversa ampiezza, pure con cornici in mattoni. Le sta accanto un poderoso campanile dalla base in grossi conci recuperati da edifici romani e dal solido coronamento tardo manieristico, con ampia cella ad archi a pieno centro e cornice con medaglioni.
Sulle pareti si scorgono le tracce di alcune finestrature quattrocentesche a sesto acuto, tamponate in occasione della soprelevazione della struttura. La mole massiccia della torre ricorda che all’epoca delle lotte tra il papato e l’impero la Pieve costituì un riferimento anche politico e militare e che i suoi edifici divennero rifugio e baluardo per le popolazioni del contado.
All’innesto tra il campanile e la facciata si nota, a circa cinque metri da terra, un concio in pietra, decorato con un volo di tre colombe molto stilizzate: è il resto di un pluteo longobardo (sul retro esiste un motivo a tralcio di vite) risalente al VII-VIII secolo che preannuncia le vestigia delle chiese più antiche, esistenti nella cripta. Gli scavi compiuti di recente, grazie all’interessamento degli Amici della Pieve, hanno permesso di rintracciare, oltre ai resti della Pieve romanica che era contraddistinta da una sequenza di archi e di colonne doppia rispetto all’attuale ed aveva su per giù la stessa estensione ma terminava con tre absidi, le fondazioni della chiesa longobarda, forse con due absidi, e le murature di una chiesa paleocristiana, dotata di una sola abside. Quest’ultimo fabbricato sfruttava probabilmente anche alcuni vani di una villa rustica romana della quale sono emerse numerose testimonianze (anche due esedre) nel campo dietro la chiesa.
L’edificio sacro paleocristiano disponeva di un battistero, posto all’esterno, davanti alla facciata, con una semplice vasca realizzata con ciottoli di fiume e tegoloni romani di recupero. Molto pregevole è anche la dotazione di decorazioni ad affresco: su tutte primeggia la pala dell’altar maggiore, rimossa “a massello” dalla vecchia abside demolita e collocata nella sede attuale all’inizio del Novecento.
L’immagine della Madonna con il Bambino tra un volo di Angeli risale alla prima metà del Quattrocento e manifesta la mano di un maestro della cerchia dei Bembo. Tuttora circondata da grande venerazione e famosa nel circondario per grazie e guarigioni, nel 1625 fu vista miracolosamente aprire e chiudere gli occhi. Sulle colonne della navata si incontrano numerosi affreschi votivi dei primi anni del Cinquecento: tra essi si segnala la figura del Beato Simonino di Trento, opera di Floriano Ferramola, il maestro del Moretto (1506 circa).
Resti di altri importanti dipinti murali, recuperati grazie alla passione degli Amici della Pieve, si scorgono sulle pareti delle navate laterali: una Madonna con il Bambino (1506), firmata da Pietro Giacomo Zanetti, permette di attribuire a questo poco noto artista del Rinascimento bresciano anche la scena con la Madonna con il Bambino venerata da due nobili della famiglia Offlaga, comparsa di recente sopra l’arcone alla sinistra dell’organo, nella navata centrale.